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Petali Azzurri sostiene le famiglie dei bambini che presentano ADHD. I volontari dell'associazione prestano la loro attività all'interno dell'Unità Operativa di neuropsichiatria infantile dell'ospedale di Macerata, nell'ambito della quale è stato recentemente attivato uno dei quattro Centri accreditati Regionali per la diagnosi ed il trattamento dell'ADHD e dei disturbi ad essa correlati.

L'ambulatorio ADHD si trova al Primo piano dell'ala vecchia dell'ospedale di Macerata, all'interno dell'U.O. di neuropsichiatria infantile ed è aperto tutti i martedì e giovedì dalle 8,30 alle 18. I nostri volontari sono a disposizione di chiunque ne faccia richiesta per informazioni e sostegno alle famiglie, telefono 0733 2572265.

 

 

IL CENTRO ACCREDITATO REGIONALE ADHD DELL’UNITA’ OPERATIVA DI NEUROPSICHIATRIA INFANTILE DI MACERATA

 

Che cos’è l’A.D.H.D.

L’ADHD deve essere considerata come una malattia cronica con alta prevalenza in età scolare.

Secondo i criteri del DSM-IV (APA 1994), il Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività è caratterizzato da due gruppi di sintomi definibili come inattenzione e impulsività/iperattività.

L’inattenzione si manifesta soprattutto come scarsa cura per i dettagli ed incapacità a portare a termine le azioni intraprese. L’impulsività si manifesta come difficoltà, ad organizzare azioni complesse, con tendenza al cambiamento rapido da un’attività ad un’altra e difficoltà ad aspettare il proprio turno in situazioni di gioco e/o di gruppo.  L’impulsività è generalmente associata ad iperattività: questi bambini vengono riferiti "come mossi da un motorino", hanno difficoltà a rispettare le regole, i tempi e gli spazi dei coetanei; a scuola trovano spesso difficile anche rimanere seduti. Tutti questi sintomi non sono causati da deficit cognitivo, ma da difficoltà oggettive nell'autocontrollo e nella capacità di pianificazione. La diagnosi di ADHD è indicata sia nel DSM IV, sia nell’ICD 10. I sintomi esordiscono prima dei sette anni d’età, e causano una significativa compromissione del funzionamento globale del bambino (APA 1994).

Tutti i bambini possono presentare, in determinate situazioni, uno o più dei comportamenti sopra descritti. Quando tali modalità di comportamento sono persistenti in tutti i contesti e nella gran parte delle situazioni e costituiscono la caratteristica costante del bambino, esse possono compromettere le capacità di pianificazione ed esecuzione di procedure complesse.

Secondo i criteri del DSM-IV possono essere distinti tre tipi di ADHD: uno prevalentemente inattentivo, uno prevalentemente iperattivo /impulsivo ed uno combinato (APA 1994).

L’incapacità a rimanere attenti ed a controllare gli impulsi fa si che, spesso, i bambini con ADHD abbiano una minore resa scolastica e sviluppino con maggiore difficoltà le proprie abilità cognitive.

Frequentemente questi bambini mostrano scarse abilità nell’utilizzo delle norme di convivenza sociale, in particolare in quelle capacità che consistono nel cogliere quegli indici sociali non verbali che modulano le relazioni interpersonali. Questo determina una significativa interferenza nella qualità delle relazioni tra questi bambini ed il mondo che li circonda.

Il difficoltoso rapporto con gli altri, le difficoltà scolastiche, i continui rimproveri da parte delle figure di autorità, il senso di inadeguatezza a contrastare tutto ciò con le proprie capacità fanno sì che questi bambini sviluppino un senso di demoralizzazione e di ansia, che accentua ulteriormente le loro difficoltà. Mentre la normale iperattività, impulsività e instabilità attentiva non determinano significative conseguenze funzionali, il vero ADHD determina conseguenze negative a breve e lungo termine.

Inoltre l’ADHD non è un problema marginale che si risolve con l’età, e può persistere in età evolutiva. La sua storia naturale, infatti, è caratterizzata da persistenza fino all’adolescenza in circa due terzi dei casi e fino all’età adulta in circa un terzo o la metà dei casi. Alcuni dei soggetti che non rientrano più nella descrizione clinica dell’ADHD hanno in età più avanzate significativi problemi di adattamento nel lavoro, a scuola o in altri contesti, con gravi ripercussioni a livello sociale.

Prevalenza

Per quanto riguarda la prevalenza tre studi epidemiologici condotti in Italia, uno in Umbria e Toscana da Gallucci e collaboratori (1993), e due in Emilia da Camerini e collaboratori (1999) e da Marzocchi e Cornoldi (2000), mostrano che, nella popolazione infantile generale la sua frequenza è di circa il 4% (in pratica un bambino in ogni classe di 25 alunni). In letteratura viene comunque riportata una prevalenza del  3-5% nella popolazione scolastica.

Eziologia e fisiopatologia

L’ADHD viene considerato un disturbo multifattoriale di natura sia neurobiologica sia psicosociale. Secondo molti ricercatori il disturbo può avere una causa genetica. I ricercatori stanno definendo l’ADHD non già come un disturbo dell’attenzione in sé, ma come originato da un difetto evolutivo che interessa i circuiti cerebrali che stanno alla base dell’inibizione e dell’autocontrollo, in particolare dei nuclei o gangli della base e della corteccia frontale.

Decorso e prognosi

Il deficit attentivo può essere presente già in età prescolare. A quest’età è però difficile formulare una diagnosi differenziale con altri disturbi : ciò rende spesso indispensabile la formulazione di una diagnosi provvisoria e discutibile l’opportunità di una terapia farmacologica (Musten et al. 1997; Swanson et al. 1998). Il disturbo spesso persiste in adolescenza ed in età adulta: in queste età, l’iperattività si manifesta come senso di irrequietezza piuttosto che come grossolana iperattività motoria, l’inattenzione comporta difficoltà ad organizzare le proprie attività o a coordinare le proprie azioni con conseguenti difficoltà scolastiche, occupazionali e sociali, frequenti incidenti stradali,  (Cantwell 1996).  Circa un terzo dei bambini all’inizio della vita adulta non manifesta più sintomi di inattenzione o di iperattività, indicando che il disturbo era da correlarsi ad un ritardo di sviluppo delle funzioni attentive. Circa la metà dei bambini con ADHD continuano a mostrare anche da adolescenti e spesso anche da adulti i sintomi d’inattenzione ed iperattività, accompagnati talvolta da difficoltà sociali ed emozionali. Altri soggetti (15-20 %) possono mostrare invece  divenuti adolescenti e adulti, altri disturbi psicopatologici quali alcolismo, tossicodipendenza, disturbo di personalità antisociale (Cantwell 1996; Mannuzza et al. 1993; 2000). Il più importante indice predittivo di tale evoluzione è la presenza, già nell’infanzia, di un disturbo della condotta associato all’ADHD.

Un recente International Consensus Statement on ADHD (2002), riporta che frequentemente i soggetti che soffrono di ADHD  non completano l’obbligo scolastico (32-40%), raramente arrivano all’università (5-10%), sono frequentemente coinvolti in attività antisociali, mostrano maggiore frequenza di gravidanze prima dei 20 anni, di malattie sessualmente trasmesse (16%), di incidenti stradali dovuti a velocità eccessiva e, da adulti, soffrono di depressione (20-30%) e di disturbi di personalità (18-25%). Sebbene occorra considerare che tali dati fanno riferimento prevalentemente a casistiche nord-americane, per cui dovrebbero essere valutati con cautela, specie riguardo alla evoluzione antisociale, maggiormente influenzata da fattori sociali e culturali, il significativo impatto personale, familiare e sociale del disturbo deve sempre essere considerato.

Il sistema dell’attenzione.

Negli ultimi dieci anni sono state individuate specifiche regioni del cervello capaci di modulare i singoli aspetti dell'attenzione. In particolare specifiche aree della corteccia prefrontale mediale permettono la scelta tra i diversi possibili comportamenti o attività mentali in risposta a ciò che accade intorno all'individuo, coordinano un comportamento o attività ed inibiscono gli altri (Posner et Peterson 1990). La capacità di inibire alcune risposte motorie ed emotive a stimoli esterni, al fine di permettere la prosecuzione delle attività in corso (autocontrollo), è fondamentale per l’esecuzione di qualsiasi compito. Per raggiungere un obiettivo nello studio o nel gioco, occorre essere in grado di ricordare lo scopo (retrospezione), di definire ciò che serve per raggiungere quell’obiettivo (previsione), di tenere a freno le emozioni e di motivarsi.

Numerose evidenze indicano che il fattore patogenetico fondamentale del disturbo possa essere costituito da un deficit nelle capacità di inibizione delle risposte impulsive (response inhibition) mediate dalla corteccia prefrontale (Schachar & Logan 1990; Barkley 1997); tale deficit appare determinato dalla ipoattività del Sistema di Inibizione comportamentale, forse associato a deficit nelle capacità di condizionamento (Quay 1988, 1997).

Neurotrasmettitori e varianti genetiche

Nella regolazione delle Funzioni esecutive è specificamente coinvolta la corteccia prefrontale che risulta anatomicamente e funzionalmente collegata con i nuclei della base (Lou et al. 1998; Swanson et al. 1998; Tannock 1998). Negli ultimi anni è stato possibile studiare, con metodi non invasivi, le differenze di volume e di funzionamento di specifiche aree cerebrali. Tecniche di Risonanza Magnetica Nucleare hanno messo in evidenza che la corteccia frontale ed alcuni nuclei della base (nucleo caudato ed il globus pallidus) dei bambini con ADHD risultano più piccoli di quelli dei bambini di controllo: tali differenze risultano maggiori nell’emisfero destro, ed appaiono correlate in maniera statisticamente significativa con alterazioni nelle capacità di inibire la risposta motoria a stimoli ambientali (Casey et al. 1997; Catellanos et al. 1996; Filipek et al. 1997; Mataro et al. 1997). Con tecniche più sofisticate è stato messo in evidenza che, nei bambini e negli adulti con ADHD tali regioni del cervello mostrano tempi di attivazione più lenti e consumano meno ossigeno delle regioni corrispondenti dei bambini o adulti di controllo (Silberstain,et al. 1998, Zametkin et.al. 1990).

Diverse funzioni della corteccia frontale e del nucleo caudato sono modulate dalle mono-amine (dopamina, noradrenalina, e serotonina) (Goldman-Rakic 1990). Negli ultimi cinque anni diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato che nei soggetti con ADHD sono maggiormente frequenti alcune specifiche varianti di geni che codificano per il trasportatore della dopamina e per il recettore D4 per la dopamina (DRD4), cui corrispondono differenze quantitative di funzione (Cook et al. 1995; LaHoste et al. 1996; Smalley et al. 1998; Waldman et al. 1998; Sunohara et al. 1999; Barr 2001). D’altra parte, l’ADHD tende ad essere presente in diversi membri di una stessa famiglia, e costituisce uno dei disturbi psichiatrici con più elevata ereditabilità. Tra il 50 ed il 90 % dei gemelli monozigoti di bambini con ADHD presenta la stessa sindrome. Come per altri disturbi psichiatrici è verosimile che i fattori genetici determino la predisposizione per il disturbo, mentre l’attivazione di tale predisposizione sia modulata anche da fattori “ambientali” (Jensen et al. 1997; Jensen 2000; Zuddas et al. 2000).

Diagnosi e terapia

La diagnosi di ADHD deve basarsi su una valutazione accurata del bambino condotta da un Neuropsichiatra Infantile con esperienza sull’ADHD. La diagnosi può essere formulata anche da altri operatori della salute mentale dell’età evoluiva (medici o psicologi) con specifiche competenze sulla diagnosi e terapia dell’ADHD e sugli altri disturbi che possono mimarne i sintomi (diagnosi differenziale) o che possono associarsi ad esso (comorbidità). Tale valutazione deve sempre coinvolgere oltre al bambino, i suoi genitori e gli insegnanti: devono essere raccolte, da fonti multiple,  informazioni sul comportamento e la compromissione funzionale del bambino e devono sempre essere considerati fattori culturali e l’ambiente di vita. A tal fine è particolarmente utile l’uso di strumenti quali i questionari e interviste diagnostiche semistrutturate, opportunamente standardizzati e validati.  Una elevata percentuale di bambini con ADHD presentano sintomi di altri disturbi associati ed il disturbo può associarsi a, o talvolta causare, situazioni sociali e ambientali disagiate. La valutazione multidisciplinare è auspicabile. Come per altre patologie, appare opportuna la definizione di un protocollo diagnostico e terapeutico comune e condiviso, in accordo con le  linee-guida esistenti.

Il programma di trattamento deve prevedere l’attuazione di un piano multimodale che combina interventi psicosociali con terapie mediche (Taylor et al. 1996; NICE 2000; AACAP 2002).

In particolare, oltre all’intervento psicoeducativo diretto sul bambino, attraverso interventi psicologici specifici, più o meno intensivi (es. psicoterapia), devono essere forniti anche consigli e supporto per genitori ed insegnanti. Tra le modalità di intervento assumono particolare importanza quelle che prevedono l’istituzione di gruppi di terapia cognitivo-comportamentale e di gruppi di parent training.

La terapia farmacologica prevede l’uso di psicostimolanti (metilfenidato in particolare), come farmaci di prima scelta, quale parte del sopraccitato trattamento multimodale per bambini con forme gravi (invalidanti). Gli effetti clinici del metilfenidato sono rapidi. Per quanto i suoi effetti indesiderati siano in genere modesti e facilmente gestibili, la possibilità di uso incongruo, specie in adolescenza, deve sempre essere considerata. Ultimamente sono stati autorizzati dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) per la messa in commercio, oltre al metilfenidato, anche nuovi farmaci potenzialmente efficaci nella terapia dell’ADHD (atomoxetina). Al fine di garantire un uso appropriato, sicuro e controllato di questi farmaci ed il loro impiego esclusivo nei pazienti affetti da ADHD, sono state individuate procedure che vincolano la prescrizione alla diagnosi e ad un Piano terapeutico definiti da Centri di Riferimento di Neuropsichiatria infantile appositamente individuati dalle Regioni. Inoltre è stato previsto che tutti i bambini posti in terapia farmacologica debbano essere monitorati regolarmente attraverso controlli periodici per la verifica dell’efficacia e della tollerabilità del farmaco, anche attraverso l’inserimento dei dati presenti nei Piani terapeutici in un Registro Nazionale appositamente istituito dall’Istituto Superiore di Sanità, con garanzia di anonimato, per consentire il monitoraggio ed il follow-up della terapia farmacologica.

 

I CENTRI DI RIFERIMENTO REGIONALI

Sul territorio della Regione Marche è stato attivato, nell’ambito di ognuna delle quattro Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile di Area Vasta provinciale (Ancona, Fano, Macerata, Ascoli Piceno) un ambulatorio specifico per l’ADHD accreditato come Centro di Riferimento regionale  per lo svolgimento di attività di diagnosi, cura e prescrizione farmacologica nei casi selezionati. Il collegamento con il Registro Nazionale istituito presso ISS è affidato ad ognuno dei quattro Centri regionali ADHD di Area Vasta per tutte le prescrizioni farmacologiche che lo prevedono.

 

Attività dell’Ambulatorio ADHD di Macerata

L’ambulatorio accreditato come Centro di Riferimento Regionale per l’ADHD prevede orari specifici di apertura al pubblico per 8 ore giornaliere il martedì e giovedì  ed è rivolto all’Area vasta provinciale. Le prestazioni vengono fornite su impegnativa del medico curante, previa richiesta della famiglia del bambino.

L’inquadramento diagnostico avviene secondo modalità standardizzate, presentate in linee guida italiane (SINPIA) e comprende:

-          Visita neuropsichiatrica

-          Colloquio anamnestico con i genitori

-          Valutazione neuropsicologica del bambino (3 incontri)

-          Incontro di restituzione alla famiglia

-          Incontro di restituzione, quando possibile, con il bambino.

La presa in carico per la cura comprende:

-          Lavoro cognitivo-comportamentale con il bambino

-          Corsi di parent training specifico per i genitori

-          Eventuale trattamento farmacologico con collegamento con il Registro Nazionale ADHD.

-          Al termine della consultazione diagnostica, in caso di conferma, vengono presi contatti con il pediatra di libera scelta del bambino per la comunicazione della diagnosi e dell’eventuale inizio della terapia farmacologica.

Le figure coinvolte nel lavoro clinico-diagnostico sono le seguenti:

-          1 Medico responsabile, specialista in neuropsichiatria infantile

-          1 Medico specialista in neuropsichiatria infantile;

-          1 Psicologa specializzata in terapia cognitivo-comportamentale con formazione specifica sulla diagnosi dell’ADHD

-          1  logopedista

L’organizzazione presentata nel progetto consente di dare una risposta concreta e professionale, in integrazione sinergica con le strutture territoriali che già operano nel settore (UMEE), alle richieste, sempre più numerose di scuole e famiglie, che lamentano un aumento considerevole di casi relativi a minori con difficoltà e disturbi del comportamento che condizionano anche gli apprendimenti. L’attività dell’ambulatorio ADHD, oltre che consentire una diagnosi approfondita del tipo di disturbo ed indicare, conseguentemente, il percorso terapeutico da seguire, si connota inoltre per il ruolo che potrà svolgere come osservatorio per l’individuazione precoce e la prevenzione delle situazioni di difficoltà/disagio in età evolutiva.